Diciasettesima tappa

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Con internet wifi in camera, i pantaloncini e la calze che non si erano per niente asciugati durante la notte, e la tentazione di prendermi un giorno di riposo per vedere la partita dell’Italia non è stato facile, e possibile, lasciare ad un ora dignitosa l’albergo per espatriati annoiati e tanzaniani rampanti dove mi trovavo. Inoltre la bici necessitava un minimo di manutenzone e pulizia prima di ripartire. Non trovavo le brugole, e ho svuotato le mie borse che sono come le tasche di Eta Beta, e alla fine le ho trovate sotto la sella. Dovevo prelevare ma ai bancomat c’erano delle code con più di cinquanta persone, ho risolto chiedendo ad un benzinaio tifoso di Balotelli se poteva cambiarmi 50 dollari. Ho pompato le gomme, pulito la catena e il cambio da uno dai tanti meccanici di biciclette che si trovano lungo la strada. Prima di salutarmi il benzinaio mi ha detto: “Ma prendi medicine per arrivare a Londra?”

È domenica, ci sono molte celebrazioni nelle diverse chiese e mi sembra che qui i predicatori hanno lo stesso stile di quelli che si vedono in televisione, il tono da teleimbonitore, e la convinzione che la parola di Dio si trasmette meglio con una voce cavernosa e potente.

Lo sterrato inizia subito dopo l’aeroporto di Dodoma, la strada è anche peggio di quella di ieri, i cinesi stanno costruendo anche qui ma sono molto più indietro con i lavori, per un primo tratto non ci sono alberi, quindi niente ombra, però ci sono tantissime pietre … dopo si entra in una foresta e si iniza a salire, le persone e le macchine spariscono. Un animale simile ad una donnola prima e un’antilope dopo mi attraversano la strada, sono i primi animali selvaggi che avvisto, scimmie a parte che ho visto in Zambia, Malawi e Tanzania. Una lunga ed improvvisa discesa mi porta ad Haneti che è ancora chiaro, decido di fermarmi e provare a fare più chilometri domani. Alla scuola non c’è anima viva. Trovo una dignitosa guest house senza luce e acqua, con la solita zanzariera blu e le lampade a olio. Al ristorante arredato con le sedie di plastica della Pepsi Cola, devo implorare la padrona musulmana di servirmi ugali (la solita polenta bianca che in Zambia si chiama nsima), ho già capito che quando mangio riso poi il giorno dopo faccio sempre fatica a pedalare. Mentre mi lavo le mani un ragazzo con la maglia dell’Inter mi saluta, parliamo di calcio e di Milano, quando capisce che sono italiano, mi dice che a 50 metri c’è un posto dove si può vedere la partita! Al ristorante conosco Adam, il poliziotto del villaggio, e due suoi amici, uno dei quali naviga col telefonino su intenet alla ricerca di statistiche sui protagonisti della finale. Niente male per essere in un posto lontano da tutto e senza elettricità! In attesa della partita inganniamo il tempo parlando di Africa, stipendi dei poliziotti che sono più bassi che in Zambia, e di Super Mario di cui imitano la posa da culturista dopo il goal alla Germania.

Adam ci porta al posto dove trasmettono la partita con la sua auto, ci mettiamo di più a salire e scendere dalla vecchia Nissan che a coprire la distanza che ci separa dal piccolo cinematografo di Haneti. C’è molta gente intorno alla casa, fuori c’è il generatore a benzina, speriamo ce ne sia abbastanza anche in caso di supplemantari penso. Varcata la porta d’ingresso mi rendo conto che nella ‘sala’ non c’è il tetto, tra le panche per gli adulti e la televisione da 21 pollici trovano posto seduti una quarantina di bambini e ragazzi, si pagano 1000 shellini, si discute di formazioni e per l’Italia i nomi più citati sono Balotelli, Cassano, Di Natale e Diamanti. Al calcio d’inizio ci saranno più di 100 persone, fa freddo, e la luna quasi piena permette di vedere in faccia chi ti sta vicino. Parlano anche di me, del musungu. Mi sorprende che tutti sanno i nomi di tutti i calciatori. Adam mi ha detto che qui sono in prevalenza musulmani, a vedere la partita ci sono fedeli di Allah che si scaldano con le coperte colorate dei Masai e i cristiani con croci e cappelli di lana. Quando Balotelli tocca la palla o solo fa un movimento per smarcarsi ci sono urla di consenso da parte di chi tifa Italia e gridolini di paura per chi tifa Spagna. Mi lascio sfuggire un ‘fanculo’ ad alta voce quando l’Italia spreca un’occasione propizia, il mio vicino mi chiede subito cosa vuol dire … Lo sport, e il calcio che è il più seguito al mondo, ha un linguaggio universale pur parlando lingue diverse ci intendiamo quando commentiamo un’azione. La partita sappiamo come è andata, ma resta per me una grande serata dove lo sport è stato vissuto col giusto approccio, e dove Balotelli, protagonista di questa nuova Italia multiculturale, è diventato l’ambasciatore d’Italia in Africa.

Dodoma S 6° 17.30’ E 35° 74.19’ – Haneti S 5° 48.616’ E 35° 84.708’

88km