Ripartire da Kikuyo Compound comporta circa 25 km in più, rispetto al centro di Nairobi, ma ne è valsa la pena. L’aver incontrato David e il suo gruppo è stata un’esperienza molto interessante, e spero che possiamo fare qualcosa insieme a loro in futuro. La bici è migliorata: abbiamo cambiato tutte le corone del cambio davanti e dietro, fatto una manutenzione generale. Non è perfetta ma siamo vicini al massimo ottenibile, considerando i materiali di partenza e i ricambi disponibili in Africa. D’altra parte, uno dei motivi di questo viaggio è anche dimostrare che si può fare molto anche con poco, con mezzi limitati. Quindi di cosa ti lamenti Matteo?
Sono stato svegliato alle 5 del mattino dal proprietario della camera, che è venuto a prendersi la sua bici e la divisa prima di uscire per un lungo allenamento con David. Colazione con the, pane e banana. E via a provare la bici, senza bagagli sui saliscendi di terra rossa lì intorno; dopo un paio di ritocchi al cambio, fissiamo le borse e partiamo in gruppo in direzione Thika. I ragazzi mi scortano tenendomi sempre in testa, io che speravo di andare al traino per 50 km … ci divertiamo sui saliscendi, gareggiamo a chi si appiattisce di più sul manubrio in discesa, e mandiamo avanti un piccolo scalatore a fare fotografie al gruppone … per loro il vero allenamento sarà al ritorno quando mi avranno salutato. Così i primi 45 km passano in fretta fino a Ruiru, dove incontriamo David e colui che mi aveva svegliato … facciamo un paio di chilometri ancora e raggiungiamo la superstrada dove ci salutiamo dopo moltissime fotografie.
Mi sono dovuto fermare a mangiare delle uova, perchè per non sfigurare coi ragazzi avevo tirato troppo e consumato troppe energie. Mentre mi accingevo a ripartire, una bambina attirata dalla bamboo bike ha iniziato a parlarmi in Kiswahili mentre la madre rideva di brutto … quindi ho chiesto cosa sta dicendo … e la mamma ha detto che stava dicendo ‘sei tu mio padre?’
Una superstrada simile a quella di Thika l’avevo vista solo a Cipro, nella zona occupata dalla Turchia: dossi, moto, biciclette, asini, una moto con taxista e una mamma con tre bambini; poi, quando si restringe, diventa la strada più pericolosa del mondo, animata da vecchi camion carichi di sabbia, matatu (i minibus del Kenya) e macchine con una fretta e una propensione al sorpasso spropositate. Le macchine e i minibus che venivano in senso contrario hanno attentato più volte alla mia vita, mi sono salvato con dei repentini fuoripista che mi hanno un po’ innervosito. Siamo vicini al monte Kenya, 5199 metri sul livello del mare, ma oggi non ho visto niente: speriamo domani.
Mi sono fermato al Savage Camp di Sagana, dove ho trovato un letto in una ‘bunk house’ per 1000 scellini, circa 10 euro. Si tratta di una camerata con 16 letti a castello, posta al primo piano di una costruzione in stile con il tetto di paglia, il lato che dà sul fiume Sagana è aperto su di una veranda dalla quale si può ammirare il fiume ricco d’acqua. Il rumore del fiume è una ninna nanna formidabile, infatti sto lottando per finire di scrivere e non addormentarmi. Sono l’unico dentro la ‘bunk house’, a parte le zanzare che sono tenute a bada da un sistema di doppie zanzariere, che non ho capitio bene come funziona e se è efficace. Questo lo capirò domani mattina e tra 14 giorni alla scadenza del periodo di incubazione della malaria.
A tavola ho conosciuto una professoressa che accompagna un gruppo di studenti inglesi che stava leggendo ‘It’s Not About the Bike: My Journey Back to Life’ di Lance Armstrong, l’ho letto e non mi è piaciuto, anche per come parla di Pantani …
Segnatevi questi nomi: George Kiama, Martin Thiogo, Samuel Chege, Kennedy Kamau, Jessy Ngugi, Kenneth Kayaya, Peter Garthere, James Karanja e Anthony Ngeng’a. Potremmo sentirne parlare in futuro.
Nairobi Kikuyo Compound S 1° 29.206’ E 36°82.194’ – Sagana S 0° 66.951’ E 37° 20.611’
115 km