Venticinquesima tappa

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In pullman per ragioni di sicurezza!

Non so se il pericolo maggiore sono i banditi o il pulmann, da cross, Moyale Express che ho preso ieri sera! Ho dolori dappertutto come se avvessi fatto a botte con i banditi …

È la seconda volta che scrivo al mattino perchè ieri ero troppo stanco. Il pulmann è partito più o meno a mezzanotte da Isiolo, il manager però mi ha chiamato verso le 10,30 perchè ha detto aveva paura di dimenticarsi …  Il Moyale Express non ha il portapacchi sul tetto … Infiliamo la bici in uno dei portabagagli insieme a delle valigie, un tavolino, sacchi di grano, e tanti contenitori di olio … speriamo bene. Il pulmann è quasi pieno, il manager mi aveva detto che era mezzo vuoto tanto che la bici l’avrei potuta mettere in mezzo ai sedili. Trovo posto nell’ultima fila di sedili dove il corridoio finisce, quella dove ti vuoi sedere quando vai in gita con la scuola, ma da evitare assolutamente in un viaggio di questo tipo. Quando su un dosso dell’orgia sterrata il passeggero seduto in prima fila sobbalza di 30 cm, quello in mezzo di 60 cm, tu in ultima fila schizzi più o meno di un metro …  essendone capaci si potrebbe azzardare una capriola o un carpiato … L’atterraggio è quasi sempre di fortuna, i bambini piangono qualcuno si lamenta, ma il pulmann, forse perchè si chiama Express ha una missione: raggiungere Moyale per le 5. Diciassette ore di pulmann sull’orgia sterrata, con qualche fermata per pisciare e una veloce e sorprendente pausa pranzo inclusa nel prezzo dove io mi sono limitato a due chapatti per evitare di vomitare.

La colonna sonora del viaggio è quella di ferraglia e vetri che si agitano, ribellano, ai bulloni e alle saldature che le tengono insieme, sembra di essere in una discoteca, o meglio ad un rave, dove c’è solo musica tecno, con decibel e bit per secondo insopportabili, per chi come me è nato alla fine degli anni 60 … Come i ragazzi che frequentano quei posti si impasticcano per resistere, qui va molto il Khat, più naturale lo masticano un po’ tutti, bigliettaio, che lavoro pesante, autista, donne col bambino sulla shiena, anziani con le stampelle, ragazzi con la giacca del Manchester United, l’unico che si astiene è un DJ somalo che viaggia di fianco a me. Il Khat è un ramoscello con delle foglioline verdi. Ci sono tecniche diverse per masticarlo, alcuni mangiavano le foglie, tutti scartavano delle foglie, non ho capito con quale criterio, che lasciavano cadere sul pavimento del pulmann che alla fine era un tappeto verde. La maggior parte mastica il ramoscello e le foglie più giovani che vengono lasciate sulla punta. Il sapore non è male, vagamente dissetante, non ho percepito nessun effetto immediato, non penso ne dia, se il pastore di settanta anni con la kefia che ha condiviso un ora di viaggio con me le mangia da quando era bambino … Secondo i ragazzi Somali riduce il senso di fame e ti aiuta a non dormire, ma all’arrivo io ho assaltato la cucina e sono sprofondato nel letto …

I vetri del Moyale Express sono sigillati e in gran parte oscurati, il telaio del pulmann è rinforzato con delle barre di metallo, non ci sono vani porta oggetti sopra la testa … questo per due motivi, uno, cadrebbero sulla testa dei passeggeri, due, si troverebbero a metà strada tra la tua testa e la fine del sobbalzo. La polvere entra dappertutto alla fine, io musungu, somali, etiopi pastori dalla provenienza non identificata, abbiamo tutti lo stesso colore della polvere, siamo tutti uguali anche nel colore della pelle e dei vestiti.

Spero la polizia di scorta abbia messo bene la sicura sui quei vecchi fucili, che dovrebbero difenderci o per lo meno dissuadere i malintenzionati, la scorta cambia a Marsabit e poi a Turbi, alla fine non c’è più rischio tant’è che un poliziotto salito poco prima di Moyale ha dovuto, controvoglia, pagare il biglietto.

Un sobbalzo fa decollare me e le tre donne bellissime che mi sono di fianco, una perde il velo, glielo rimetto in testa, ringrazia divertita.

Un pastore magrino con la kefia, i lineamenti del volto spigolosi e limati dal vento,  vuole scendere in un punto qualsiasi del deserto che ci circonda, si alza, di fianco a me ed inizia a fischiare con le dita nella bocca, nessuno lo sente, allora fischia più forte come per chiamare un capo del suo bestiame, poi urla agitando il bastone, ma senza muoversi dall’ultima fila, alla fine qualcuno avverte l’autista … e il pulmann si ferma … e lui può scendere. Ognuno comunica come può, e se nessuno ti ascolta è meglio alzare la voce.

Fuori c’è un deserto di sabbia e pietre nere, che non so come siano arrivate lì, si vedono degli struzzi e una miriade di dromedari, che tento di fotografare da dentro il Moyale Express fallisco a causa dei sobbalzi, della velocità che non mi permettono di centrare lo spiraglio di visuale che lasciano i piccolo vetri non oscurati.

Si arriva a Moyale alle cinque di sera, dopo diciassette ore di polvere, rumore, storie di gente che si muove, sentite o solamente intuite per via della lingua, natura selvaggia, polizia e fantomatici banditi, dromedari … Tanti somali che si muovono in cerca di qualcosa che non possono trovare a casa loro, come i due ragazzi che sono in viaggio col pulman da Johannesburg, e non si sa bene diretti dove, quando chiedi cosa fai dicono ‘I am in a business …’. O un’altro che vive da dieci anni e fa parte di un gruppo di artisti somali che tentano di sbarcare il lunario in Kenya. Mentre apettavo il pulman ho incontrato anche un distinto ‘esule’ etiope che sta studiando e rientrerà in Etiopia per una rivoluzione pacifica quando sarà il tempo … In fondo le ragioni del mio viaggio volontario sono poca cosa confronto alle loro.

Devo fare un ultimo sforzo tentare di passare il confine, sperare non si accorgano che il mio visto parte dal 15 luglio, sperare che la provvidenza mi aiuti. Non so bene cosa succederà se venissi rimbalzato in Etiopia e rispedito in Kenya … dovrei piantare la tenda nel limbo di terra di nessuno tra le due dogane … Le mie mani sono troppo sporche ed impolverate per la macchinetta dalla luce verde fosforescente che prende le impronte in Kenya … dopo una pulizia sommaria e il timbro … mi lancio di la in Etiopia …  sono le 17,45 gli uffici chiudono alle 18,00 … la prima persona che trovo mi dice ‘E’ tutto chiuso devi tornare domani!’ … poi dopo avergli mostrato l’ora richiama i due impiegati per il controllo del passaporto … uno sta imparando … bene … l’altro lo supervisiona blandamente … non devo riempire nessun modulo … mi fanno una foto con la webcam … e ho il timbro posso entrare!

Sono in Etiopia, me la voglio gustare e pedalare … questo paese bellissimo … dove l’anno è il 2004 … dove si guida sulla destra … dove ci sono 13 mesi e la data è il 4 di qualcosa …

Vorrei un albergo normale con una doccia con tanta acqua calda, ce n’è uno solo così a Moyale, lo trovo … è ‘fully booked!’ … cazzo … mi devo accontentare di una stanza intitolata a Kakà, del Real Madrid, nello stesso albergo … con acqua calda in un catino come nel bush … ormai mi lavo bene anche così … lavo anche la maglietta e i pantaloncini che metto ad asciugare su un cespuglio … qui fuori … poi sprofondo nel sonno …

Isiolo N 0° 35.563’ E 37° 58.330’ – Moyale N 3° 53.998’ E 39° 05.284’ (Etiopia)

511 km