‘Penso di essere uno dei primi ferenje che passa la notte qui’ dico alla coppia che mi ha accompagnato nell’albergo senza insegna.
‘Noooo … ce ne è stato un altro a settembre due anni fa …’ rispondono … abbiamo riso per cinque minuti. Dicevano ‘not the first, the second!’ …
C’era un disegno sul mio sussidiario delle elementari che ritraeva gli schiavi che costruivano le piramidi, mi ricordo file infinite di schiavi che portavano ognuno una pietra. Oggi andando a prendere il the a Kosober, ho visto una scena simile, senza schiavi ovviamente, ma tantissime donne salivano, tramite un scala fatta di rami e corda, all’ultimo piano di una palazzina con secchi pieni di cemento … Ho notato che i lavori più fisici, tipo trasportare la legna, sono fatti dalle donne.
Quanto è lunga, e alta, quest’Etiopia! Ho pedalato 1363 km e me ne mancano ancora più di 300, con qualche ascesa a 2300 metri, più di tutto mi ha messo in difficoltà il freddo, ormai sono zambiano, e la pioggia … oggi l’albergo, 40 birr meno di 2 euro, è senza doccia e con un cesso dignitoso fuori per tutte le venti stanze, ma non importa perchè la doccia abbondante l’ho fatta nei 15 km prima di Hamusit, questa volta la mantellina non ha tenuto, piove sempre verso sera, oggi la pioggia mi ha colpito a tradimento quando pensavo di essere ormai arrivato. Mio nonno diceva che i secondi che separano il lampo dal tuono, indicano i chilometri di distanza da dove è caduto il fulmine, 10 secondi 10 chilometri, non so se è vero, ma questa sera fulmine e tuono, erano uno di seguito all’altro, anzi il tuono cominciava quando la luce del lampo non si era ancora esaurita …
Da Addis in poi non sono stato molto fortunato nell’abbinare le tappe alle grandi città come era successo con Debre Marcos, oggi ho dovuto saltare Bahir Dar dove il gestore di un supermercatino, appassionato ciclista, mi ha fornito un aiuto logistico eccezionale che mi ha permesso di controllare la posta, e mangiare un piatto di carbonara in un tempo accettabile per ripartire in tempo. La carbonara qui la fanno con la mortadella … Non ricordo dove un ragazzo mi ha detto ‘hai imparato a mangiare cibo etiope?’ … ‘si, injela’ … ‘what about spaghetti?’ … ‘actually they are Italian!’ …
Ci si muove molto in Africa in questi alberghi che quando io chiedo ‘c’è un albergo?’ mi dicono ‘no’ intendendo non abbastanza buono per te, sin dallo Zambia ho visto famiglie, studenti che vanno a trovare i genitori, gente che va all’ospedale, altri che fanno ‘business’ … alla mattina tutti si lavano prendendo l’acqua da bidoni, con caraffe di plastica, tutto è più lento si alzano alle cinque per essere pronti alle sette, io sono più fighetto in questi posti mi lavo sommariamente, e spesso dormo vestito da ciclista … però ho capito che un letto con intorno quattro mura di qualsiasi tipo, con sopra qualcosa per non far entrare la pioggia … è sempre un letto e ci dormo sempre bene.
In Etiopia ci si saluta dandosi la mano destra, piegandosi leggermente in avanti, ruotando la propria spalla destra fino a quando si incontra quella dell’altro, non so bene il significato, ma ultimamente mi salutano spesso così …
Kosober N 10° 95’ E 36° 93.333’ – Hamusit N 11° 78.333’ E 37° 56,667’
150 km