Migreh non è un villaggio …
è un mercato, un posto dove si fermano i camion quando gli autisti sono stanchi, c’è una moschea e tanti piccoli negozi, nessun albergo ma solo le brandine che ho evitato ieri a Doka … è giusto così cosa sarebbe un viaggio attraverso il Sudan senza almeno una dormita su queste brande a cielo aperto, colorate, asimmetriche, e devo dire anche abbastanza comode … è da qui che sto scrivendo spero solo che non piova … non so se tirare fuori il sacco a pelo o no fa caldo e se piove mi si asciugherà in Egitto …
Le persone in Sudan sono veramente amichevoli, e si prodigano per l’ospite, cioè io, in questo caso … stasera sono arrivato qui più o meno alla fine del Ramadan … e sono stato invitato a mangiare su un lungo tappeto con da bere succo di lime, carcadè e ilu mur o abre, che vuol dire ‘dolce non dolce’, un thè preparato con sette spezie locali che conferiscono questo retrogusto ‘sweet not sweet’ molto dissetante, poi datteri e lenticchie, e degli sfornati con creme di latte e legumi … nonostante quello che si potrebbe immaginare la gente non si strafoga, mangia velocemente ma sobriamente, poi si prega e si passa ai caffè, caffè, e narghilè.
Stasera l’interprete, angelo custode è Ibrahim, un simpatico ingegnere sulla cinquantina che ha studiato cinque anni in India, che si occupa del trattamento delle acque, di cui mi ha detto il Sudan è ricco. Gli ho raccontato che mi sento un po’ in imbarazzo a mangiare e bere quando tutti digiunano, quando entro nei negozi, mi metto in un angolo, comunque cerco sempre un posto dove mi vede meno gente possibile. Stamattina non potevo partire senza mangiare niente, c’erano in giro tutti i bambini, e le altre persone della famiglia, così sono andato a mangiare dove ci si lava … Ibrahim mi ha detto che posso anche mangiare pubblicamente, che non c’è problema … Ha chiamato la moglie per chiederle del meteo a Khartoum, in vista del mio arrivo, perchè sembra la zona sia tra le più piovose del Sudan … mi è piaciuto come si parlavano, come una qualsiasi coppia, lontana dallo stereotipo che spesso abbiamo noi della coppia musulmana, mi ha ricordato i miei genitori nei momenti belli. Abramo è il padre dell’Islam, è colui che ci ha insegnato a credere in un solo Dio, … … Abrahm è anche il nome che vorrei dare a mio figlio. Abrahm Tembo chiamò suo figlio Matteo, dopo una serata in taverna, con mio fratello che venne a trovarmi, mi disse che non si era mai divertito così con dei musungu. Poi l’Aids, le cure, la morte quando sembrava che stesse recuperando. Il funerale negato da questi preti miserabili, perchè non aveva pagato il mutulo, una tassa mensile per avere diritto al funerale, dov’è la carità cristiana in Africa?, non un prete, io a fare un discorso al cimitero, insieme a un parente lontanissimo più interessato all’eredità che ad altro …
Con Abrahm ci capivamo, al volo, oltre le barriere linguistiche, a volte iniziava a ridere prima ancora che finissi di parlare, o arrivare al punto, veniva sempre a trovarmi nei momenti difficili, abbiamo fatto un viaggio in Sud Africa bellissimo, ridevamo tanto e anche nell’ultimo viaggio che abbiamo fatto insieme due giorni prima che morisse, avevamo riso di brutto, e discusso tantissimo.
Spero con mio figlio di avere la stessa intesa che avevo con lui.
Non mi sono mai sentito così bene a scrivere all’aperto su una brandina, in mezzo a sconosciuti, che rispettano la mia privacy, mi sorridono e sono contenti di avermi qui con loro, non sono per nulla preoccupato di come dormirò, per ora l’aspetto più bello di questo Sudan, sono le persone.
Tawarit N 13° 33,0’ E 35° 39,0 – Migreh N 14° 05 E 34° 56,666’
158 km